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al testo di Redazione LaRecherche.it
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quando dicevo suono intendevo dire piuttosto la fine del suono quando in sé ricade e ciascuno nella sua separazione lo vede tramutarsi in mancanza e si esercita allora in sottrazioni e ammette i limiti del corpo
ma quando dico vento intendevo davvero il vento con tutto il nero e le rotazioni che conduce e pure intendevo il segno polare capace di versare sguardi nel cielo improvviso con la domanda ancora incompleta ai piedi di alture incavate
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è così che comincia smottamenti in zone periferiche cadute di corrente lo scivolare del calendario verso il buio
il massimo esperto ritorna e siede alla sua scrivania ora lettere e precauzioni non più dimestichezza corvina
ma appena alzi gli occhi al cielo tutto è certo Orione e le sue ancore e l’Orsa che si incrina all’incrocio degli assi
e guardi il polpastrello e il viaggio dei suoi atomi dal big bang a questa zattera coerente
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le finestre illese entrano nei sogni vanno a stazionare alte contro la vertigine dove lo spazio preme
al di qua nulla davvero pesa lungo i contorni affilati della notte ci orientiamo regoliamo orologi su chi è andato
la geometria ripiega e si interrompe i lati retti si sfarinano al contatto col buio quanto era perso va ad agglomerarsi altrove
le finestre ora galleggiano sulla superficie del sonno il tempo si condensa sotto le volte
[ tratte da Verticali, Einaudi ]
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