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*

 

 

quando dicevo suono

intendevo dire piuttosto la fine del suono

quando in sé ricade

e ciascuno nella sua separazione lo vede

tramutarsi in mancanza

e si esercita allora in sottrazioni

e ammette i limiti del corpo

 

ma quando dico vento

intendevo davvero il vento

con tutto il nero e le rotazioni che conduce

e pure intendevo il segno polare

capace di versare sguardi nel cielo improvviso

con la domanda ancora incompleta

ai piedi di alture incavate

 

 

*

 

 

è così che comincia

smottamenti in zone periferiche

cadute di corrente

lo scivolare del calendario verso il buio

 

il massimo esperto ritorna

e siede alla sua scrivania

ora lettere e precauzioni

non più dimestichezza corvina

 

ma appena alzi gli occhi al cielo tutto è certo

Orione e le sue ancore

e l’Orsa che si incrina all’incrocio degli assi

 

e guardi il polpastrello e il viaggio

dei suoi atomi

dal big bang a questa zattera coerente

 

 

*

 

 

le finestre illese entrano nei sogni

vanno a stazionare alte contro la vertigine

dove lo spazio preme

 

al di qua nulla davvero pesa

lungo i contorni affilati della notte ci orientiamo

regoliamo orologi su chi è andato

 

la geometria ripiega e si interrompe

i lati retti si sfarinano al contatto col buio

quanto era perso va ad agglomerarsi altrove

 

 

le finestre ora galleggiano

sulla superficie del sonno

il tempo si condensa sotto le volte

 

 

[ tratte da Verticali, Einaudi ]

 

 gian piero stefanoni - 28/06/2014 10:55:00 [ leggi altri commenti di gian piero stefanoni » ]

La poesia è viva.. È viva! Grazie Galluccio.

 cristiana fischer - 24/06/2014 11:28:00 [ leggi altri commenti di cristiana fischer » ]

le figure della ragione (i lati retti) sfumano entro la meraviglia naturale e noi stessi siamo parte e richiesta (finestre illese ... galleggiano; la minima essenza condivisa che ci moltiplichi)
verticale è la linea che (ci) congiunge

 Loredana Savelli - 23/06/2014 07:05:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Queste poesie mi commuovono. Saper tradurre la realtà in termini matematici e poi oltrepassarla, come si oltrepassano i limiti, come si superano i teoremi e le geometrie. Significa aver intuito il mistero e consegnarsi ad esso, muti. Nessun linguaggio, infatti, a mio avviso, può davvero raccontare. Ma commuovono, ripeto, i tentativi umani (e questo è un tentativo magnifico, sapiente) di afferrare ciò che invece afferra noi.
Davvero complimenti.

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